

I lavori cominciarono in un giorno di fine estate. In quell’appartamento in via Duomo, all’apparenza non c’era nulla di speciale, pensava. Eppure bastava affacciarsi per capire che quella posizione — proprio di fronte al Museo Filangieri — aveva qualcosa di magnetico. Come se un riflesso, un’eco discreta dello splendore custodito al di là della strada, illuminasse in silenzio anche i muri più stanchi. Forse era proprio questo a nutrire il desiderio di trasformare quel luogo dimenticato in una casa capace di accogliere chi desiderava fermarsi, anche solo per una notte, nel caos e nella bellezza di Napoli.
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All’inizio tutto sembrava seguire il copione consueto: demolizioni, polvere, discussioni con gli operai. Ma un giorno, nel mezzo della fatica e del rumore, qualcosa cambiò. Un dettaglio. Una trave antica affiorata da sotto un controsoffitto, segnata dal tempo ma ancora viva. Da lì, fu come aprire una porta su un mondo rimasto in silenzio per secoli.
Il soffitto a cassettoni, risalente alla fine del Quattrocento, non era solo una scoperta architettonica: era la voce di una storia che voleva tornare a essere raccontata. Altri frammenti emersero a poco a poco: cornici in piperno, modanature rinascimentali, tracce di finestre murate. Ogni elemento sembrava sussurrare un segreto. L’edificio, costruito dalla famiglia Como alla fine del XV secolo, rivelava la sua identità con una grazia timida ma potente. La trasformazione si fece più profonda. Non si trattava più solo di ristrutturare. Bisognava ascoltare. Ogni parete, ogni trave, ogni ferita chiedeva rispetto. Tecnici qualificati e restauratori esperti si misero all’opera con discrezione e precisione. Lavorarono con gesti lenti, attenti, capaci di leggere le superfici come si legge un volto amato, riconoscendone la bellezza anche nelle imperfezioni. Le decorazioni furono pulite, consolidate, ma mai forzate. Nulla fu alterato. Solo accompagnato a una nuova luce.
A dare forza a questa visione è stato il designer Mirko Pancaldi, che con grande sensibilità ha saputo ascoltare non solo i desideri del proprietario, ma anche la voce silenziosa degli spazi. Il suo intervento non ha sovrapposto gli stili, piuttosto li ha cuciti insieme, intrecciando il passato e il presente: il respiro del Rinascimento e l’eleganza contemporanea, in un equilibrio che non interrompe mai il racconto, ma lo accompagna.
Oggi, Accadia Relais non è semplicemente un luogo dove dormire. È una casa che accoglie e racconta. Le sue stanze parlano con soffitti lignei che si aprono come cieli, con pietre scolpite e silenzi che sanno di passato. Ogni dettaglio — dal cortile interno alle suite battezzate con i nomi di chi ha attraversato nei secoli quelle stanze — invita non solo a guardare, ma a sentire. Qui il tempo non è sospeso. Scorre, ma con dolcezza. E restituisce, a chi sa ascoltare, il privilegio raro di abitare la storia senza mai rinunciare alla bellezza del presente.
